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Ciao A Tutti, Io Vado a Vivere in Inghilterra!

  • Writer: martybet
    martybet
  • Mar 25, 2015
  • 6 min read

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Quando avevo circa sei anni, mia mamma mi ritrovò sulla porta di casa con un piccolo bagaglio: volevo andare via.

Avevo preso quella decisione non perché non mi sentissi amata o protetta, ma semplicemente perché sin da piccola, immaginavo la mia vita in un posto lontano e diverso.

La voglia di evadere e di partire è un qualcosa che mi ha accompagnato per tutta la mia crescita.

Lasciare casa a soli sei anni, ovviamente, non era fattibile e dovetti disfare la mia borsa gialla di Geronimo Stilton ed accettare il fatto che fossi troppo piccola per cavarmela da sola.

All'incirca dieci anni dopo quel giorno però, le valigie erano state fatte sul serio ed un biglietto sola andata per Londra si trovava al sicuro nella mia tasca.

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Ero riuscita a convincere, insieme all'aiuto di mio papà, tutte le persone che sostenevano che lasciare il liceo per trasferirsi da sola in un piccolo villaggio nel bel mezzo della campagna inglese fosse una scelta irresponsabile.

Svegliarmi e non sentire nulla tranne che il cinguettio degli uccelli era decisamente qualcosa a cui non ero abituata, e tutto era così estraneo da quello che per me era considerato la normalità.

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Phil e Louise, la coppia che avrebbe dovuto prendersi cura di me, sono due persone deliziose, e mai avrei pensato che sarebbero potuti diventare così importanti nella mia vita.




Phil è un uomo di circa sessant'anni, di origini italiane, non molto alto, e con un forte accento nordico. Ha un'impresa di costruzioni e riparazioni ed è sempre intento a fare qualcosa, tranne i rari momenti in cui si siede sul divano per godersi la versione inglese di "Ballando Con Le Stelle", il suo programma preferito.

Ha una visione della vita molto pratica, amante del vino e del golf, burbero all'apparenza ma una delle persone più dolci che esistano su questa terra.



Louise invece, è l'opposto di Phil, e per questa ragione quando si siedono a tavola la sera, i loro battibecchi animano l'atmosfera per poi finire con un bacio o un pizzicotto sul sedere di uno dei due.

E' una donna generosa, sia di animo che di forma fisica, ed anche lei non si ferma un attimo. Ha all'incirca tre, quattro lavori, ed è sempre pronta a prendersi cura della sua famiglia e del prossimo.

Non è esattamente la cuoca più brava della casa, e penso di aver odiato le sue "fish pie" con tutta me stessa, ma è stata senza dubbio la figura più importante dei miei due anni trascorsi in Inghilterra.




Per quanto riguarda la scuola, la Willink School di Burghfield Common, era composta da più blocchi ed edifici, ed ovviamente, funzionava in un modo del tutto diverso dai licei italiani.

Il primo giorno, radunarono i quattro nuovi studenti genovesi ed incontrammo per la prima volta quella che sarebbe diventata la nostra Preside.

Mrs Plumb era la fotocopia di Dolores Umbridge di Harry Potter, leggermente più assomigliante ad un babbuino e non così rosa.

Ci spiegò che avremmo dovuto scegliere le nostre 3/5 materie e far firmare un foglio dai nostri professori; dopodiché ci lasciò nelle mani di due perfette sedicenni inglesi, che avevano tutta l'aria di essere le prime della classe.

La rivalità fra le due era decisamente palpabile, e per quanto si sforzassero di essere gentili, le spiegazioni su come raggiungere determinate classi nel complesso scolastico, non furono esattamente chiare.

Agli occhi degli studenti inglesi eravamo degli alieni e mentre cercavamo di confonderci tra loro, si potevano udire i vari "Italians", mormorati ripetutamente.

Con gran rammarico, potemmo constatare sin da subito, che i ragazzi di sesso maschile non assomigliavano esattamente allo stereotipo venduto dai media all'estero. La stragrande maggioranza, ovviamente con qualche rara eccezione, era cosparsa di brufoli, con uno stile molto discutibile ed un colore di capelli che andava dal biondo platino al rosso fuoco.

Da subito, trovammo il modo di commentare tra noi questi tratti somatici o caratteriali, senza farci scoprire, inventando soprannomi che in qualche modo ricordavano l'apparenza di questi ultimi.


Il ragazzo che aveva i pantaloni tirati su fino al polpaccio, diventò Risvoltino.

E quello con il taglio di capelli da afroamericano, si trasformò in Caparezza.



Dal momento che a Burghfield Common non succedeva assolutamente nulla da almeno una quindicina di anni, gli Italiani costituivano senz'alcun dubbio la novità del villaggio. Tuttavia, a causa della timidezza e dell' animo campagnolo degli adolescenti del posto, dovemmo aspettare qualche giorno prima di inquadrare come funzionassero le cose.

Potemmo constatare che la common room ( la sala comune ) era suddivisa in un modo ben preciso e delineato.

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(il lato dei diversamente sociali - Settembre 2012 )


Vicino alla cucina e lo stereo, sedevano gli studenti popolari dell'anno tredici, a cui noi, personalmente, aspiravamo.

Il lato intermedio era composto dalle ragazze di entrambi gli anni, mentre all'estremo sedevano i maschi dell'anno dodici.

Quello opposto invece, era chiaramente destinato ai ragazzi diversamente sociali e quelli il cui quoziente intellettivo al di sopra della media, non permetteva loro di intrattenere conversazioni che non fossero incentrate sulla funzione di x e quella di y.

Sì, i nerds esistono ovunque.



Le lezioni in Inghilterra si svolgono in un modo del tutto differente da come siamo abituati noi italiani.

Innanzitutto, sono composte da un numero decisamente più piccolo di studenti ( la mia classe più numerosa era composta da dieci ragazzi ), ed il rapporto instaurato con gli insegnanti è molto più rispettoso ed allo stesso tempo più personale.

E' difficile che si segua un libro, dal momento che molta dell'attività svolta invece di essere teoria, è soprattutto pratica.

Devo ammettere che inizialmente, la mia comprensione delle lezioni di letteratura inglese non era meravigliosa. Il fatto che la mia insegnante avesse un forte accento scozzese non aiutava di certo, e per quanto ami Shakespeare, riuscire a capirlo in un'altra lingua, era uno sforzo non del tutto indifferente.

Notai con gran rammarico, che alla metà della popolazione britannica non importava un bel nulla che l'inglese non fosse la nostra lingua madre.

La stragrande maggioranza dei ragazzi quando parla, si mangia le parole, bofonchia qualcosa, aggiunge un "twat" e qualche altra parolaccia, e dopodiché si aspetta che tu faccia lo stesso.

Per questa ragione iniziai ad acquisire la tattica del "spalanca gli occhi, sorridi ed annuisci", probabilmente passando per una perfetta ritardata.


Con il passare dei giorni, quella strana quotidianità si trasformò nella mia routine, ed andare a scuola era diventato senza dubbio un piacere. Tuttavia, dopo aver inquadrato come funzionasse il sistema scolastico, la nostra unica priorità era diventata cercare di farsi invitare ad un qualcosa che assomigliasse ad una festa.


Potemmo constatare che il comportamento del soggetto medio inglese, sottoposto ad una cospicua quantità di alcol, si trasforma in modo completamente inaspettato.

Se un momento prima, credi di essere antipatico alla metà dei presenti, uno shot e qualche birra dopo, ricevi così tanti complimenti che una liposuzione in confronto è nulla per migliorare la tua autostima.

La cosa grave è che il giorno seguente, una volta a scuola, mentre noi ingenui italiani ci aspettavamo che questi individui si intrattenessero in un qualcosa che ricordasse vagamente una conversazione, il soggetto medio inglese si limitava al :


"Hi, you alright?"


Per poi, ignorare completamente la tua risposta e continuare a camminare per la sua strada.


Fortunatamente, benché continuassero a camminare per la loro strada dopo i frequenti "you alright?", riuscii ad inserirmi in quel mondo fatto di tè, crumpets, marmite, birra e personggi strambi.


Ed è quel posto di 3000 abitanti che è diventato un po' la mia vera casa.

Con il senno di poi, e due anni dopo, posso dire con assoluta certezza che mai fu presa una decisione migliore.


Grazie alla British Training Company, che trovò la famiglia e gestì le varie documentazioni per il il mio inserimento scolastico, mi trasferii in Inghilterra alla tenera età di sedici anni.

Ricordo perfettamente il giorno in cui arrivai in quella che sarebbe stata la mia nuova casa, e soprattutto ricordo bene le sensazioni che provai.

Mi sentivo libera, spaventata ed allo stesso tempo eccitata per l'inizio di quella mia nuova vita.

Burghfield Common, un piccolo villaggio di all'incirca 3000 persone, con meno di dieci negozi, una scuola ed un ristorante indiano, si era trasformato da un piccolo puntino su google maps alla mia realtà quotidiana.




 
 
 

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